Il gioco è un’esigenza fondamentale e comune in tutti gli uomini, di qualsiasi età, epoca e cultura. Il gioco è un’attività “espressiva” e i bambini non giocano “solamente”: fanno i loro tentativi con ruoli e situazioni di cui ancora non sono padroni.

Esplorano il mondo circostante (l’acqua, la piscina, l’ambiente).

K. Gross attribuisce al gioco una funzione vitale; quella di preparare il bambino ad essere adulto, nel senso che attraverso i giochi il bambino compie un esercizio di preparazione alla vita: egli sostiene che, così come i cuccioli degli animali, le cui zuffe giocose sono la preparazione alle future e più serie battaglie, è necessario che i bambini giochino a fare gli uomini per diventarlo (nel nostro caso giochino a fare i “pesciolini” per conquistare l’acqua).

J. Piaget sottolinea come il gioco, che subisce una evoluzione lungo il corso dello sviluppo del bambino, sia per questo ultimo un modo per sottomettere la realtà ai suoi bisogni e desideri. Egli ha suddiviso l’attività ludica in tre tipi: i giochi di esercizio, i giochi simbolici e i giochi con regole.

Il primo tipo, quello del gioco di esercizio o senso motorio, occupa il periodo che va dalla nascita al secondo anno di vita: in questo arco di tempo il bambino cerca di acquisire il controllo, la coordinazione, la percezione e l’effetto dei movimenti. Il gioco in questo stadio consiste nel ripetere e variare i movimenti spesso per il piacere di ripeterne gli effetti.

Il gioco del secondo tipo, quello simbolico, è predominante dai 2 ai 6 anni. Il bambino è capace di usare i simboli e l’immaginazione. Allora farà muovere una scatola sul pavimento fingendo che sia una macchina da corsa.

Il gioco con regole è il terzo tipo ed è specifico dell’età scolare. Il bambino sta assimilando concetti sociali come la collaborazione e la competizione; egli viene attratto dai giochi con regole che comportino il coinvolgimento di altre persone e quindi un’attività di gruppo.

Con il gioco il bambino si confronta con la realtà (ma in una situazione ludica), creando situazioni immaginarie non frustranti che può affrontare e dominare, contribuendo a superare l’ansia delle situazioni reali (la paura dell’acqua).

I metodi non ludici possono portare a frustrare l’immaginazione e la curiosità dei bambini, creando una diminuzione delle motivazioni, l’apprendimento è possibile soltanto quando si tiene conto delle motivazioni del bambino e del suo modo di fare esperienza. Un’attività motoria imposta causa un processo di adattamento passivo più che di partecipazione attiva, l’obiettivo è destinato a fallire in quanto si finisce con l’inibire la curiosità, la creatività, gli interessi e la disponibilità emotiva del bambino.


OBIETTIVI OPERATIVI  DELL'ATTIVITA' IN ACQUA

Gli obiettivi operativi sono la sequenza di obiettivi da prefissare nella programmazione del corso, sono prevalentemente in ordine di difficoltà, dove l’acquisizione del precedente permette l’apprendimento del successivo.

A seconda della tipologia del gruppo, del numero di allievi, della loro età, ecc. alcuni obiettivi possono essere raggiunti prima di altri. Alcune differenze si ritrovano nella sequenza degli obiettivi per le attività che si svolgono in acqua alta o in acqua bassa.

Il successivo elenco è una semplice traccia da seguire per il lavoro in acqua.

  • Conosce l’ambiente esterno e l’insegnante.
  • Entra in acqua da solo o con un eventuale sostegno.
  • Interagisce positivamente con il gruppo e con l’insegnante.
  • Controlla la postura verticale in acqua.
  • Sa spostarsi in acqua con un sostegno.
  • Sa immergere il viso in acqua in apnea.
  • Sopporta l’acqua sul viso, occhi aperti. 
  • Consolida la fase di “sopportare l’acqua sul viso”.
  • Sa spostarsi per alcuni tratti in acqua bassa.
  • Sa spostarsi senza aiuto per alcuni metri in acqua alta.
  • Sa eseguire la respirazione (espirando in immersione).
  • Sa galleggiare in forma statica da prono e da supino (galleggiamento e rilassamento).
  • Sa eseguire gli scivolamenti in galleggiamento (prono e supino).
  • Sa eseguire gli scivolamenti in immersione.
  • Comprende la differenza tra immersione con apnea e con espirazione.
  • Sa espirare sott’acqua differenziando l’uso di bocca, naso, bocca e naso insieme.
  • Sa tuffarsi immergendo il capo.
  • Sa immergersi verso il fondo.
  • Sa variare l’assetto del corpo (da prono a verticale, a supino e viceversa).
  • Sa utilizzare gli analizzatori visivo e uditivo sott’acqua.
  • Sa eseguire il sostentamento in acqua alta, controllando spostamenti e direzione.
  • Sa differenziare i tempi e l’ampiezza della respirazione.
  • Sa mantenere l’apnea per tempi sempre maggiori.
  • Sa entrare in acqua lasciandosi cadere (di fronte o di spalle mantenendo la rigidità del corpo o con capovolta, mani alle caviglie).

Di seguito si inseriscono gli obiettivi operativi per l’apprendimento delle tecniche del nuoto

Avendo ben chiari gli obiettivi operativi, l’insegnante può creare le “programmazioni didattiche” per l’insegnamento. Nella costruzione delle programmazioni bisogna tenere presente l’età dei bambini; più sono piccoli e con poche esperienze motorie acquatiche meno saranno gli obiettivi da prefissarsi nel breve termine e viceversa.

L’ORGANIZZAZIONE DELLA LEZIONE: L SPAZIO, IL TEMPO, GLI ATTEGGIAMENTI

Vediamo alcune indicazioni su come gestire al meglio gli spazi di attività, il tempo che abbiamo a disposizione e quali atteggiamenti è meglio utilizzare:

  • Organizzare gli allievi spazialmente in modo che sia limitato il tempo dedicato alla spiegazione rispetto al tempo dell’esecuzione: è “facendo” che gli allievi apprendono.
  • Se si ha spazio a disposizione è utile far fare ai bambini il gioco o l’esercizio tutti insieme (attenzione alla confusione).
  • Numerare i bambini per organizzarli quando lo spazio è limitato. Ricordare che il numero “spersonalizza” l’individuo, cercare sempre di utilizzare il nome dei bambini.
  • Chiamare i bambini per nome senza urlare e senza aggressività nel tono della voce.
  • Insegnare ai bambini ad ascoltare, ricordatevi sempre che i bambini ascoltano solo se quello che state dicendo gli interessa, altrimenti troveranno qualcosa di meglio da fare.
  • Posizionarsi sempre in modo tale che tutti possano sentire e vedere quello che fate e che dite.
  • Quando ci si relaziona con i bambini piccoli è assolutamente necessario “abbassarsi” alla loro altezza.
  • Tenere sempre sotto controllo il gruppo, evitare di far allontanare alcuni bambini dal vostro raggio di azione.
  • Alternare giochi di movimento a giochi di acquaticità, per mantenere sempre alto l’interesse per quello che si fa.


ATTREZZATURE E MATERIALE DIDATTICO

In ogni piscina sono presenti innumerevoli attrezzi che aiutano il lavoro dell’insegnante (e favoriscono l’interesse con forme, colori, rappresentazioni, ecc.), bisogna però partire sempre dal principio che il primo mezzo (ed il più importante) che si ha a disposizione è L’ACQUA. I giochi, i materiali e le attrezzature devono essere utilizzati con criterio e coerenza, inserendoli in proposte didattiche preorganizzate e pianificate con logica. Solo l’istruttore che non sa cosa fare mette in vasca tutto il materiale possibile per impegnare i bambini.

È di fondamentale importanza che i materiali vengano utilizzati prevedendo in anticipo i potenziali pericoli che possono portare (assistenza preventiva), un tappeto galleggiante posto vicino al bordo per comodità può essere fonte di pericolo per una eventuale caduta, l’uso del tubo può (se inavvertitamente perso) portare ad un’immersione non voluta ecc. Ogni attrezzo ha i suoi pregi ed i suoi difetti, il loro uso va considerato sempre sotto ogni forma.


CONCLUSIONI

Per lavorare con i bambini della scuola materna bisogna sempre più essere educatori e animatori e meno istruttori. È importante ricordare che non è necessario dare ai bambini le soluzioni di un compito motorio, ma la motivazione che li spinge a trovare più soluzioni. 

Una volta raggiunti gli obiettivi dell’attività in acqua (conquista dell’autonomia) è necessario guidare gli allievi verso proposte multilaterali che continuino a stimolare in loro la motivazione a “voler fare e a voler provare ad agire in acqua e con l’acqua”.

Se vuoi approfondire questo argomento partecipa al Master di acquamotricità prescolare

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Estratto dal manuale del master di acquamotrcità prescolare dello stesso autore


a cura di D.Cereda
Diplomato ISEF
Laureato in Scienze Motorie
Club manager di impianti natatori
Formatore CONI


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