Il ginocchio è sottoposto ad un notevole stress sia negli sportivi che nei soggetti sedentari. Il perno della stabilità di questa articolazione è il LCA che per la sua conformazione e posizione ne permette il controllo.

Consente, cioè, di controllare con efficacia gli spostamenti antero-posteriori della tibia rispetto al femore, e quindi la propria elongazione, ma risulta meno resistente alle componenti tangenziali dove peraltro intervengono efficacemente gli stabilizzatori attivi (muscoli e quindi tendini). Il LCA è posizionato internamente tra femore e tibia, ha un decorso diagonale e si inserisce sulla tibia, in corrispondenza della parte interna del menisco mediale, e sul femore, nella faccia mediale del condilo laterale. Le sue fibre hanno un andamento a spirale. Per quanto detto sinora le lesioni del LCA più comuni sono dovute al blocco in valgismo e rotazione esterna (a volte in flessione) o varismo e rotazione interna o iperestensione violenta o contrazione violenta del quadricipite posto in iperflessione.
Le lesioni del LCA possono essere parziali o totali. Nel caso di lesione parziale le fibre si sfilacciano ma rimane una continuità del decorso del legamento, mentre in quelle totali non si riconosce nessun collegamento tra tibia e femore. L’ampia casista impone di valutare il trauma nella sua completezza, infatti le variabili sono molteplici e non esiste sempre e solo la rottura del LCA ma questa, nelle variabili sopra descritte, potrebbe essere associata ad altre lesioni della struttura articolare: del menisco mediale (più facilmente) o di quello laterale, della capsula o del LCM (meno facilmente).

COSA LE PROVOCANO
E’ chiaro che la forza necessaria per rompere il LCA varia al variare delle condizioni in cui si verifica il trauma e alle condizioni dell’articolazione e della muscolatura, basti pensare ad un giocatore amatoriale di calcio che, alla fine della sua partita “annuale”, dopo aver percorso tutta la fascia laterale del campo, tenta di effettuare il cross della vita ma crolla esausto a terra con il piede d’appoggio bloccato, il ginocchio in varo e la tibia in rotazione interna. Se questa è una situazione limite teniamo conto che esiste, nella casistica, anche l’esempio della donna cinquantenne che, camminando appena uscita da casa, si gira per guardare se arriva l’autobus e, con il piede bloccato al suolo, ruota il femore cadendo con il ginocchio per terra (stress identico al caso precedente).
Sono naturalmente più frequenti i casi di infortunio a carico di atleti più o meno agonisti (quindi con allenamenti costanti) ma, in questi casi, il trauma verrà causato da forze nettamente superiori. Si pensi al giocatore di basket che atterra dopo un salto, ruota e spinge sul terreno per scattare mentre viene toccato da un avversario. Oppure la caduta in avanti del ginocchio di una calciatore in corsa, con il piede bloccato dal contrasto con un avversario. In tutti i casi sopra descritti esiste anche una componente intrinseca determinata dalla forma anatomica della articolazione che, se si presenta con un accentuato angolo in varo, sarà più probabile che microtraumi precedenti abbiano già provocato “cedimenti” nella struttura del LCA. Un altro fattore predisponente sembra essere una stenosi (restringimento) della gola intercondiloidea femorale.

COME SI RICONOSCONO
Il colloquio col traumatizzato è sempre il primo passo nella ricerca di lesioni ed in questo caso egli riferirà  di una situazione come negli esempi sopra descritti, associati ad un rumore tipo un “POP” nel ginocchio, con intenso dolore seguito da una sensazione di libertà di movimento della tibia. Successivamente, il ginocchio tenderà a gonfiarsi sia a causa di una maggiore produzione di liquido sinoviale, come conseguenza della distorsione, sia per il versamento di liquido ematico per la rottura di un piccolo vaso che decorre all’interno del LCA (nella maggioranza dei casi).
La diagnosi può proseguire con un test che renda evidente la mancanza di tenuta da parte del LCA.
I test specifici per il LCA si dividono in test statici (Lachmann test e test del cassetto anteriore) o dinamici (pivot shift test o jerk test).

Modalità di esecuzione:

LACHMANN TEST
Paziente supino con ginocchio flesso a 150° o 200°; l’operatore provoca una traslazione anteriore della tibia rispetto al femore e ne valuta l’ampiezza. In presenza di un LCA sano si percepisce un netto stop dato dal legamento teso, altrimenti, in caso di rottura totale, il fine corsa diventa più morbido. Questo test va eseguito prima sull’arto sano per poter effettuare un confronto.

TEST DEL CASSETTO ANTERIORE
Simile al precedente, con l’arto flesso a 90° in cui viene sollecitata sempre la trazione anteriore con il piede in linea. Il test andrebbe eseguito anche con rotazione del piede (tibiale) sia interna che esterna per valutare anche possibili danni, rispettivamente al comparto laterale o mediale. Questo test è il più utilizzato in quanto più completo e affidabile.

PIVOT SHIFT TEST o JERK TEST
Sempre a paziente supino l’operatore provoca una flessoestensione di circa 40°-50° (0°-50°) con la tibia in valgismo ed intrarotazione. Uno scatto nel passaggio intorno ai 10°-20° durante la flessione dimostra una sub-lussazione per mancanza di tenuta del LCA. Questo test risulta inaffidabile nelle ore successive al trauma perché una contrattura antalgica falsa il risultato.

Riconosciuta la positività ad uno di questi test l’ortopedico potrà prescrivere una indagine strumentale (Risonanza Magnetica Nucleare) per stabilire le condizioni complessive dell’articolazione ed in special modo del LCA.

LA RIABILITAZIONE
Prima di affrontare il protocollo riabilitativo occorre fare delle valutazioni sulle scelte di intervento chirurgico.
Bisogna innanzitutto tener conto di due cose: la prima è che una forte muscolatura della coscia (soprattutto il quadricipite) può in parte sopperire come stabilità attiva alla carenza o mancanza del LCA (stabilità passiva); la seconda è che pur essendo oggi effettuato in artroscopia, una tecnica meno invasiva di quella definita “a cielo aperto”, rimane comunque un intervento chirurgico di cui l’ortopedico darà indicazione in ragione della tipologia del paziente.
Questi due fattori sopra descritti portano ad una serie di considerazioni. Se il LCA ha subito una lesione parziale difficilmente si interviene con un trapianto, salvo nel caso di lesione sub totale in atleti professionisti. Diversamente, nel caso di lesione totale, l’intervento verrà deciso in base alle qualità di vita che si aspetta il paziente.
Si possono distinguere tre categorie divise in base all’età:
- Giovanissimi, dove il trapianto è sconsigliato fino al termine dell’accrescimento osseo e per i quali è indicato lo sviluppo del tono muscolare di quella zona e, nel contempo, della sensibilità  propriocettiva.
- Per quanto riguarda la seconda fascia (giovani adulti 20-45 anni circa) la scelta su un eventuale intervento viene fatta in base all’esigenza del soggetto di rendere più alta possibile la qualità della vita. Pertanto negli sportivi più o meno agonisti la volontà di proseguire su buoni livelli presuppone la determinazione di recuperare la stabilità completa con un trapianto. Nei sedentari, invece, una situazione di grave instabilità ed infiammazione (dolore) che si protragga nonostante la riabilitazione, la presenza di iniziali condizioni patologiche (condropatie, condromalacie, artrosi) o per la presenza di altre lesioi (legamentose, meniscali o cartilaginee) può predisporre all’intervento. In tutti gli altri casi, un ottimo recupero della muscolatura e della propriocettività può permettere il ripristino di condizioni di vita simili a quelle precedenti, salvo onestamente ricordare che le condizioni di forza e stabilità devono essere mantenute per tutta la vita per evitare processi degenerativi interni all’articolazione in età avanzata.
- Dopo i 45 anni (terza fascia) solo una importante limitazione delle attività quotidiane indurrà ad un trattamento chirurgico altrimenti si procederà ad un trattamento rieducativo sviluppando forza e propriocettività.

L’INTERVENTO
Anche per ciò che riguarda il trattamento chirurgico bisogna fare delle valutazioni. Il LCA, pur contenendo al suo interno un piccolo vaso sanguigno, è scarsamente irrorato. Questa caratteristica ha indotto a sostituire la vecchia metodica di trapianto con protesi artificiali o di sutura - che non garantivano le stesse qualità del vecchio legamento - con il trapianto autologo (tessuto del paziente stesso) di fibre simili a quelle del LCA (3° centrale del tendine rotuleo oppure parte del tendine del semitendinoso). Ultimamente si fa strada un’altra opzione che però difficilmente verrà realizzata: il trapianto di LCA da cadavere.
Con tutte queste variabili in campo è difficile creare un protocollo di lavoro unitario e, anche creandone uno per ogni variabile, rimane comunque il fatto che ogni paziente potrebbe presentare condizioni molto diverse da un altro.

L’approccio riabilitativo segue dei criteri precisi a seconda che sia effettuato appena dopo il trauma oppure a seguito di intervento chirurgico:
1. stabilizzazione in lesione totale LCA;
2. recupero muscolare post trapianto con tendine rotuleo libero o con tendine del semitendinoso.

1. Nella riabilitazione immediatamente successiva al trauma si dovrà attendere che il ginocchio si sia disinfiammato prima di procedere con una blanda mobilizzazione, nel caso in cui il periodo di immobilizzazione sia stato prolungato. Si proseguirà con il recupero del tono muscolare di tutti i muscoli del distretto, iniziando dalla elettrostimolazione e completandolo con movimenti in carico sempre più complessi a cui aggiungere il miglioramento della propriocettività.

2. A seguito di intervento chirurgico i tempi di recupero  sono molto variabili ed è quindi buona norma seguire scrupolosamente le indicazioni del chirurgo sia per iniziare un trattamento ginnastico sia per il passaggio alle fasi successive.
Una prima fase sarà dedicata ad una blandissima mobilizzazione passiva e attiva per evitare la rigidità articolare (aderenze fibrose e cicatriziali). Il tono muscolare verrà stimolato iniziando da contrazioni isometriche del quadricipite, elettrostimolazioni, flessioni attive della gamba senza carico.
Intorno al secondo mese, se le fasi precedenti non hanno dato problemi, si inizia il programma di potenziamento in palestra con condizioni di estensione completa e flessioni quasi complete del ginocchio. L’iniziale recupero del tono muscolare inizia con esercizi a corpo libero per poi proseguire con macchine isotoniche e con carico gradualmente crescente evitando di raggiungere situazioni di dolore femoro-rotuleo.
Gli esercizi di propriocettività, aumentando gradualmente il carico sull’articolazione e la difficoltà di esecuzione, completeranno questa prima fase.
Intorno al terzo mese si esegue un test isocinetico per valutare la capacità contrattile raggiunta ed eventualmente eseguire un training isocinetico per migliorarla.
Con il passare del tempo si inseriranno poi esercizi complessi sino al raggiungimento di buone capacità dinamiche e di sicurezza nei gesti atletici.
E’ importante tenere sempre a mente che il recupero completo del LCA “nuovo” segue dei tempi abbastanza definiti e che di conseguenza lo stress a cui viene sottoposto deve seguire questa evoluzione:
- nei primi 4-6 mesi ossificazione delle viti e rivestimento sinoviale, crescita e sviluppo di tessuto fibroso che si protrae fino al 10° mese;
- tra l’8° e il 12° mese si consolida la struttura legamentosa e da qui alla fine del secondo anno il completamento dei processi.
Anticipare i tempi di recupero per ottenere la ripresa dell’attività agonistica prima dei 6-8 mesi crea comunque  deficit che poi avranno conseguenze successive.

Di seguito un breve elenco di esercizi considerati abbastanza sicuri nella fase riabilitativa iniziale poiché sviluppano bassi livelli di tensione sul LCA:
•Contrazione isometrica dei flessori a tutti gli angoli di flessione del ginocchio.
•Flessione attiva del ginocchio tra i 40° e i 90° di flessione.
•Contrazione isometrica del quadricipite o co-contrazione simultanea (quadricipite e flessori) con ginocchio flesso a 60° e oltre.
•Lavoro con cyclette.

Infine, circa le tecniche chirurgiche utilizzate per la ricostruzione del LCA si deve segnalare che, malgrado i pareri talvolta discordanti di alcuni autori sulla loro efficacia, non si registrano notevoli differenze a due/tre anni dall’intervento. La scelta tra i due tipi di tecnica viene effettuata sulla base delle caratteristiche del soggetto:
- trapianto con tendine rotuleo libero in soggetti giovani che richiedono una  notevole sollecitazione dinamica;
- trapianto con semitendinoso quadruplicato nei soggetti con richiesta funzionale più limitata.

 

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Estratto dal manuale del master di traumatologia e ricondizionamento muscolare dello stesso autore


a cura di S.Artuso
Insegnante di educazione fisica
Personal trainer
Esperto in rieducazione motoria post infortunio

 

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